Avete
mai fatto caso a quanto la luce che entra nelle vostre case possa condizionare
l’umore? Se non c’è la luce giusta io, ad esempio, non riesco a cominciare bene
la giornata. Sono opere d’arte le giornate, sapete? Lasciate stare la vita
intera, quella non si sa mai se sarà un’opera riuscita così come la vorreste…
Concentratevi sulla giornata, sulla singolarità irripetibile che sono quelle
ventiquattro ore.
Ecco,
due giri di lancette che potete decorare come meglio credete. A ogni battito di
secondo potreste piantare un albero, ci pensate? Potreste anche farvi venire
l’idea che vi cambierà la vita. Potreste concepire un figlio, adottare un cane,
tenere in vita l’uccellino che è caduto nel vostro cortile. Potreste persino
morire! Ci pensate?
Forse
no…
So
a cosa state pensando, invece, in questo momento. Se possiamo, perché non lo
facciamo? Che cosa tiene incollati noi umani all'ipotesi e ci impedisce di far
traboccare le giornate, di far saltare in aria le lancette?
Siamo
senza sangue, è questa la verità. Siamo fili d’erba che alzano la testa
timidamente e solo d’estate, non siamo capaci di estendere radici verso il
basso e rami verso il cielo, di affrontare gli inverni a testa alta. Non più
almeno…
Dovremmo
smetterla di essere morti che camminano. Il
nostro vivere in caverne ben arredate ci porterà all'estinzione, perché abbiamo
dimenticato come si fa a digerire la luce.
Bella
evoluzione: da scimmie arrampicatrici a scimmie ipogee. In fondo era meglio
quando vivevamo sugli alberi, eravamo a un piano superiore. Almeno si
interagiva e non si restava seppelliti da vivi in loculi dai nomi ammalianti:
monolocale, bilocale, loft, attico… Manca sempre il cielo nudo sulla testa.
Manca
sempre il tempo per fare tutto, concordate? Come se consumassimo chilometri di
esistenza ogni giorno. Eppure a fine giornata, allo scadere di quelle
ventiquattro ore, siamo al punto di partenza. Sì, è proprio un giro: quando le
lancette tornano nella posizione iniziale, dopo due corse, tutto si cancella.
Che miracolo! O forse dovrei definirlo maleficio, incantesimo di un dio
divoratore di vita. Perché è così, ci sembra soltanto di vivere mentre corriamo
a piedi o in macchina, mentre ce la prendiamo con il tizio che ha saltato la
fila al supermercato facendoci perdere tempo, appunto, mentre consumiamo in una
infernale ruota le nostre maledette ventiquattro ore. Neanche scimmie più, ma
stupidi criceti inebetiti dalle sbarre che li circondano: ecco cosa siamo!
Eppure
la volete sapere una cosa ancora più ridicola? Io ce l’avevo un criceto una
volta, una femmine per la precisione. Ha girato a vuoto nella sua ruota anche
lei, ma un giorno si è accorta che la gabbia aveva una porta, ben mimetizzata
tra le sbarre. Dal momento in cui è stata consapevole dell’esistenza di quella
porta, ha lasciato perdere la ruota e ha iniziato a dedicarsi a quella. Che ci
crediate o no, nel giro di poco tempo, ha trovato il modo di sollevare quella
porta a ghigliottina.
E
ora ditemi: chi è il sorcio in gabbia?
Noi
di porte ne vediamo ogni giorno, stanno lì, a ogni angolo di strada, ma ci
passiamo sopra, facciamo finta di non vederle. Ogni cosa bella è una porta
verso la vita, ma forse preferiamo la comodità delle nostre gabbie. Ne ha fatta
di fatica il mio criceto per evadere! Noi umani non siamo disposti a faticare.
Prestare
orecchio al fiore che morirà domani, all'ombra che sa che dovrà dileguarsi per
far spazio al mezzogiorno non è facile, lo capisco… La bellezza della mortalità
spaventa, ma è l’unica via che possa portare a riempire quelle ventiquattro ore.
Riempirle davvero!
La
routine, le giornate sempre uguali hanno un vantaggio: l’illusione dell’eternità.
Ripetete, ripetete, ripetete… e alla fine una sorta di illusione ottica delle
idee vi fa credere che la copia avrà sempre un’altra copia, all'infinito. Ma
non funziona così. Il criceto muore nella ruota alla fine, mentre miliardi di
altre ruote continuano a girare.
Attraversare
la porta non vuol dire non morire, vuol dire sapere che si dovrà morire e
lasciare che questa consapevolezza illumini tutto. Quando la morte illumina,
quelle ventiquattro ore cambiano i colori della stanza, cambia il vostro volto
nello specchio e i volti della gente che vi circonda.
È
un dolore acuto, una lama sottile infilata sotto pelle, che non vi abbandonerà
più. Ma il dolore vi sveglia, vi rinvigorisce i sensi e finalmente vi fa lasciare
la vostra angusta tomba ben arredata, nella quale non sopporterete più di stare
prima del tempo.
Diventerete
avidi di sole a quel punto, accarezzerete la terra affondando le dita nell'erba
umida del mattino, per farci pace prima di tornare a essere parte di essa.
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