giovedì 21 novembre 2013

Gnothi seauton

[...] gli atti non intenzionali sicuramente fanno sorgere molti malintesi nei rapporti umani. Colui che ha compiuto un atto simile, senza alcuna intenzione, non se lo attribuisce e non se ne sente colpevole; mentre chi, per così dire, è vittima di tale azione, vi riconosce intenzioni e tendenze, dalle quali il primo si difende, perché il processo psichico dell'atto non gli è chiaro come per l'estraneo. Così finisce per sentirsi incompreso o frainteso dall'altro. In fin dei conti alla base di questi malintesi c'è il fatto che essi vengono compresi e fin troppo bene. Più i soggetti sono nevrotici e più occasioni avranno di cadere in questi dissidi, occasioni in cui ognuno di loro riverserà la colpa sull'altro. Questa è la punizione per la nostra mancanza di sincerità interiore: sotto la maschera della dimenticanza, della disattenzione, della mancanza di intenzione, gli uomini esprimono i loro sentimenti e le loro passioni che farebbero meglio a confessare a se stessi se non sono capaci di dominarli. Effettivamente si può affermare, in linea generale, che ognuno fa continuamente l'analisi del suo prossimo, e finisce per conoscere gli altri meglio di se stesso. Per conformarsi alla regola del "conosci te stesso", bisogna studiare i propri atti e le proprie omissioni apparentemente accidentali. [Sigmund Freud - Psicopatologia della vita quotidiana]
Chi ha ragione? Questa è la domanda che mi sorge spontanea nel leggere questo passo di Freud. Il più delle volte si passa con leggerezza su dimenticanze e sbadataggini e le si archivia come atti involontari ma, stando a quanto afferma un signore che certamente non è l'ultimo arrivato in quanto a conoscenza della mente umana, a prendersela per certe sbadataggini non si fa poi tanto male.
Quello che però risulta più interessante è il "capo d'accusa": di cosa accusiamo effettivamente qualcuno che si è scordato di farci gli auguri per il compleanno? Cosa rinfacciamo a chi dovesse dimenticarsi di portarci il libro che ci aveva promesso? Forse di dare poca importanza agli oggetti delle dimenticanze? In realtà la dimenticanza, come la distrazione, è una maschera che cela al soggetto che la indossa il suo stesso volto, mentre agli occhi del prossimo questo stesso volto è perfettamente trasparente; l'accusa che Freud sembra dunque muovere è quella di incapacità di introspezione. Suona strano, per certi versi, sentire associata la mancanza di conoscenza di se stessi ad un "capo d'accusa", forse Freud non lo fa davvero e sono io ad effettuare il passaggio dalla semplice osservazione di un fenomeno al giudizio morale sul fenomeno. Motivazione? Intolleranza nei confronti della mancanza di sincerità verso se stessi.

"Gnothi seauton" è un imperativo. 

3 commenti:

  1. Certe volte ho riflettuto su degli errori involontari che ho compiuto in passato, in genere ho notato che sono accaduti dopo che quella persona mi aveva già fatto un torto o mi capita con persone che non mi contattano e che quindi con la loro lontananza mi fanno un dispiacere dunque ho capito che è un'atteggiamento di ripicca e ora che lo so faccio molta attenzione anche se credo che nonostante la consapevolezza ricapitino sempre dei malintesi, siamo umani troppo umani...

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    1. Anche io credo che molto spesso la consapevolezza non basti... Quel che conta, però, è conoscersi quel tanto che basta a non autoassolversi sempre e comunque...

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    2. Ah si! Appunto siamo essere umani e dobbiamo renderci conto degli errori e degli orrori che possiamo fare, chi pensa di non sbagliare mai e si giustifica sempre adducendo ogni tipo di scusa è intrattabile...

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