
A tratti si ha l'impressione che sia tutta una costruzione della mente, che alla fin fine il castello sia vuoto e a tenere in piedi gli ingranaggi della macchina siano quegli stessi individui che vi sono sottomessi; eppure il protagonista è completamente in balia della misteriosa forza che gli impedisce di avvicinarsi al luogo del potere, quello stesso luogo il quale, sembrerebbe per errore, è stato origine, anni prima, della decisione di assumerlo al villaggio quale agrimensore.
Il castello sembrerebbe quasi la metafora di tutte quelle forze invisibili che dominano l'uomo ma che, non di meno, sono costruzioni dell'uomo stesso, è la morale, è il destino, è Dio, se vogliamo, tutto ciò che l'umanita crea e pone al di sopra di se stessa per potervisi assoggettare in cambio di un po' d'ordine.
In fin dei conti, coloro che impediscono a K. di fare irruzione nel castello, presentandolo come inaccessibile, sono gli abitanti del villaggio, perché la possibilità di sovvertirne l'ordine esiste, K. la sfiora e non se ne accorge.
Per quanto remota sia la possibilità, ogni essere umano è un potenziale distruttore di castelli.
Per me le metamorfosi, questo mi ha più che altro fatto innervosire probabilmente troppo veritiero ti fa assaporare quella realtà di cui di solito si è dimentichi.
RispondiEliminaKafka in effetti fa anche saltare i nervi, è vero... Leggerlo è quasi estenuante...
Eliminala cosa assurda è che attira, puro masochismo?
EliminaVoglia di capire più che altro...
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