Questa frase, tratta da La camera chiara di Roland Barthes, per certi versi, sembrerebbe addirittura paradossale: non mette forse in dubbio qualcosa che, generalmente, si dà per scontato, cioè il fatto che una foto assomigli al proprio referente? A quanto pare, se ci si pensa bene, la cosa è più complessa di quanto appaia ad una prima occhiata. Mi chiedevo, leggendo, quali fossero i termini di tale complessità e, alla fine, pensare alla semplice esperienza di ogni giorno, mi è stato utile perché tutto mi apparisse con più chiarezza.In fondo, una foto assomiglia a chiunque, fuorché a colui che essa ritrae. Infatti, la somiglianza rimanda all'identità del soggetto, cosa irrilevante, puramente anagrafica, addirittura penale; essa lo ritrae "in quanto se stesso", mentre invece io voglio un soggetto "come in se stesso".
Pensavo a tutte le foto nelle quali non mi riconosco, foto fatte da altri o da me stessa, foto nelle quali cerco di assumere una determinata espressione e ne esce fuori una che è l'esatto opposto di quella che avevo in mente...
Pensavo anche a tutte quelle foto, fatte da me ad altre persone, nelle quali quelle persone non si riconoscono e che, invece, a me sembrano estremamente somiglianti agli originali!
La questione, probabilmente, investe il vedersi, l'immagine che ciascuno ha di sé e degli altri e che, inevitabilmente, non coincide con ciò che ci troviamo davanti in una fotografia: quello della foto è un altro/ un'altra.
Questo vedersi diverso in una foto, tuttavia, potrebbe avere un vantaggio inaspettato e cioè quello di vedere, in quella stessa foto, come una persona si vede e, viceversa, vedere nelle foto fatte e scelte da altri come questi altri ci vedono, come in un conoscersi attraverso la mediazione di uno specchio, falso e rivelatore allo stesso tempo. Il compito della fotografia è, in questo caso, proprio quello di rivelare il soggetto "come in se stesso", mi azzarderei a dire "nella sua essenza" di soggetto o, con un termine ancor più pericoloso, nella sua "anima"...
La cosa che va accettata è che questa "anima", per quanto possiamo sentirla nostra, è soggetta a variazioni a seconda di chi la coglie e la cattura sulla pellicola.
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