sabato 28 aprile 2012

Il "mestiere" del filosofo


Questa mattina, sotto la doccia (luogo deputato alle riflessioni sul senso della vita!), mi sono ritrovata a pensare a che senso abbia la scelta di un determinato percorso di studi piuttosto che di un altro. 
Ponendo la domanda in maniera diretta: perché ci si iscrive ad una facoltà piuttosto che ad un'altra? 
La risposta non è delle più incoraggianti, a mio avviso: spesso una scelta vale l'altra, si intraprende un percorso tanto perché qualcosa si deve pur fare e il risultato è che abbiamo in giro un sacco di gente insoddisfatta, frustrata e tutt'altro che felice di intraprendere una professione (una qualsiasi, che di questi tempi è sempre un piccolo miracolo!).
Ma vado più nello specifico, perché mi si potrebbe obiettare che mi diverto a far critiche e poi non ho il coraggio di estendere quelle stesse critiche al mio ambito.
Ebbene: che razza di mestiere è quello del filosofo?! 
In continuità con ciò che ho detto fino ad ora, mi viene da dire che è il mestiere (forse il termine è improprio e converrà metterlo tra virgolette d'ora in poi) che più di ogni altro è inscindibile dalla personalità e dalla vita di chi lo pratica; è quel "mestiere" che coincide con l'intera vita di chi lo pratica! Se così non fosse sparirebbe il "mestiere", sparirebbe il filosofo e rimarrebbero soltanto parole vuote ed irritanti. 
Non che le parole dei filosofi non siano irritanti in genere, di prassi lo devono essere al fine di mettere in causa l'essenziale, perché quando ci smuovono il terreno sul quale poggiamo i piedi non possiamo non irritarci! Rimarrebbero parole irritanti nel senso meno nobile di ottuse e sciocche, parole senza riscontro nella vita di chi le ha pronunciate. 
Lo sforzo di chi pratica questo "mestiere" sarà quello di fare della propria vita l'opera più grande e degna di nota: va da sé che si tratta del lavoro di una vita nel senso più letterale possibile. 
Ha una particolarità questo "mestiere": non lo si può svolgere senza esserne totalmente presi, senza passione detto in altri termini, dal momento che, svolgere senza passione un "mestiere" che richiede il coinvolgimento di se stessi come clausola imprescindibile, vuol dire non svolgerlo affatto: è come se un pittore volesse dipingere senza alcun supporto ed alcun tipo di colore o un falegname pretendesse di costruire una porta in legno senza legno. 
Il coinvolgimento del filosofo in quanto uomo è la conditio sine qua non della sua filosofia e del suo essere filosofo.




1 commento:

  1. Per me è uno stile di vita che in una società ideale si trasformerebbe in un mestiere utile all'evoluzione umana e invece è solo un "ruolo" o un etichetta e questo a causa di una terminologia specifica che spesso impedisce la comunicazione e della scarsa importanza che investono la cultura e il sapere nella società contemporanea.
    Pensare è un atto pratico utile all'uomo più del commercio e di altri "mestieri" che in sé comprendono un "pensare per migliorare". Rappresenta una scossa irritante per chi s'adagia e la base per il progresso.

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