mercoledì 7 marzo 2012

Amori impossibili


Sarà il raffreddore che oggi non mi dà pace, sarà lo stato di stordimento che ne consegue ma chissà perché stasera mi è venuta voglia di scrivere due righe sull'amore... Ne parlo poco in effetti, fedele all'ultima delle sette proposizioni del Tractatus wittgensteiniano: "Su ciò di cui non si può parlare si deve tacere". Si deve tacere perché, ovviamente, non si possiedono i mezzi "scientifici" per poterne parlare e sottoporlo al vaglio della ragione, come mi piace fare con molti argomenti, sarebbe alquanto infruttuoso.
C'era, però, un tipo determinato di amore al quale pensavo ovverosia l'amore che comunemente si definisce impossibile. Tralascio i come e i perché dell'impossibilità di questo amore per soffermarmi su un aspetto singolare: il senso di sicurezza che può trasmettere. Sembrerebbe un controsenso ma, se ci si pensa bene, un amore impossibile, tra le altre cose, implica la non necessità dell'azione, giustificata dal fattore stesso dell'impossibilità; in altri termini, se mi innamoro di una persona che so di non poter raggiungere, che so che non potrà mai ricambiare i miei sentimenti, mi sento giustificata a non far nulla per ottenere l'amore di quella persona: è un bearsi nel proprio struggimento, una forma sottile di masochismo. Guardare da lontano la persona "amata" non implica un coinvolgimento diretto e questo mi mette al riparo da ogni possibile delusione; un amore impossibile è anche una forma di autodifesa, un po' come guardare una partita di calcio protetti da una rete metallica: si guarda la partita ma non si corre il rischio di prendersi una pallonata in faccia. Se si perde la partita, non siamo noi ad averla persa, almeno non direttamente!
Queste considerazioni sono anche una forma di autocritica...


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