domenica 22 febbraio 2015

Due consigli per chi vuole scrivere


Oggi mi assumo l’odioso compito di dispensare consigli gratuiti, quelli che irritano tanto, ma proprio tanto, i destinatari che non li avevano richiesti.              
Volevo dire giusto qualche parola sulla scrittura e su quali siano, ovviamente a mio modesto avviso, gli elementi che non possono mancare a chi volesse dedicarsi a questa millenaria arte.         
E dunque, di cosa sto parlando? Semplicemente del fatto che i futuri Luigi Pirandello e Giacomo Leopardi, o presunti tali, dovrebbero rispondere quanto meno a due esigenze:
1) Saper scrivere.           
2) Avere qualcosa da dire.   
      
Qualcuno a questo punto dirà: “E grazie al cavolo! È ovvio che chi si mette a scrivere sappia mettere insieme un soggetto e un predicato!” 
Ma io vi dico, signori miei, che tanto ovvio, purtroppo, non è. Vuoi per la facilità con la quale si pubblicano, al giorno d’oggi, libri di cattivo gusto (quelli buoni no eh! Quelli possono ammuffire nei cassetti…), vuoi per l’incondizionata libertà di accesso ai “mezzi di esposizione” di cui gode il novello scrittore, vuoi, molto più semplicemente, per l’ignoranza dilagante mescolata ad un po’ di insano egotismo, fatto sta che, tra quelli che prendono la penna in mano, sono una minoranza tristemente esigua coloro sanno cosa sia un vocabolario o un libro di grammatica. Mettere in fila quattro parole è cosa facile, mettere in fila quattro parole che abbiano un senso, rispettando le più basilari norme della lingua, richiede giusto quella mezza tacchetta di impegno in più derivante dall'accensione del cervello.       
E qui già mi sento i cori di coloro che si attaccano come delle piovre all'ultima speranza dello scrittore grammaticalmente scorretto: il contenuto. Sì, perché, secondo molti, se c’è il contenuto si può anche sorvolare sulla forma, se il nostro piccolo Svevo è stato capace di donare all'umanità un pensiero più profondo della fossa delle Marianne chi se ne frega se si è scordato le virgole, ha scritto “un pò” invece che “un po’” e ha fatto a pezzi la sintassi come neppure i Futuristi avevano osato fare!
Piano piano siamo arrivati al secondo punto: lo scrittore deve avere qualcosa da dire.         
Sembra banale anche questa, vero? Invece, se vi guardate in giro con un po’ di attenzione in più, vi
renderete conto che la maggior parte di quei capolavori scritti con i piedi sono altamente carenti anche dal punto di vista dei contenuti. Per stravolgere le regole di una lingua c’è bisogno, prima di tutto, di averne piena padronanza, per non parlare del fatto che è necessaria una motivazione profonda per apportare modifiche ed innovare. Ma qui passiamo dalla scrittura, della quale questo post intende occuparsi, alla Scrittura, quella con la S maiuscola, per la quale sarebbe necessario un salto di qualità bello grosso.              
Tornando alla scrittura, pertanto, è tutt'altro che raro trovare il nulla assoluto nella testa di chi dice di scrivere e poi non è capace di legare due frasi in maniera corretta. Certo, è possibile trovare anche il nulla dietro frasi ben costruite, ma qui si dovrebbe aprire una parentesi decisamente troppo lunga.        
Resta valida la massima dei latini, Tene rem, verba sequentur, che, per chi non avesse familiarità con la lingua dell’antica Roma, vuol dire che, se si ha ben chiaro in testa il contenuto, le parole seguiranno. Mi permetto solo di concludere con un paio di aggiunte; in primo luogo, mi sento di dire che questo sia valido per la parola scritta, relativamente alla quale non ci si può appellare ad ipotetiche timidezze paralizzanti, in secondo luogo devo ammettere e sottolineare che ci sono “cose” per parlare delle quali è necessario “inventare” le parole, ma in quest’ultimo caso, ancora una volta, sconfineremmo in territori di ben altro calibro.        

martedì 3 febbraio 2015

Pausa

Avete presente quando seguite il filo di un pensiero e, all'improvviso, quello decide di dissolvervisi sotto il naso, come se non fosse mai esistito? E avete presente quando questo non succede una sola volta, o due, o tre al giorno, ma di continuo? Ebbene da un tempo che non riesco a calcolare con esattezza mi succede proprio questo: mi ritrovo per la testa un "fascio" di pensieri, stanno tutti lì in attesa che li si porti a svolgere la loro traiettoria potenziale, ma, quando provo a seguirne uno fino in fondo, quello evapora.
Lo potrei chiamare dramma del tentativo a vuoto, del buco nell'acqua oppure sindrome da interruzione logica cronica, il succo non cambia. Non riesco più a concatenare i pensieri come vorrei e come dovrei. Le implicazioni logico-deduttive sono temporaneamente sospese. Sono in sospensione forzata da ogni punto di vista: qualcuno ha schiacciato il tasto PAUSA e si è dimenticato di riavviare.