domenica 11 ottobre 2015

I diavoli di Loudun e l'ebbrezza di massa

A pochi anni dalla fine della seconda guerra mondiale Aldous Huxley scrisse un libro, intitolato I diavoli di Loudun, che ha per argomento un singolare episodio avvenuto negli anni ’30 del XVII secolo e che, è doveroso aggiungerlo, soltanto in apparenza si concentra esclusivamente su quel fatto.
L’episodio (che in realtà si protrasse per anni) delle monache di Loudun, possedute da un esercito di demoni, e il clamore che suscitò nella società dell’epoca, sono lo specchio nel quale  il mondo del XX secolo (e quello del XXI anche) avrebbe potuto guardare se stesso e rabbrividire. Infatti «per quanto grandi, per quanto importanti nel pensiero e nella tecnologia, nell'organizzazione sociale e nel comportamento, le differenze tra ieri e oggi sono sempre periferiche. Al centro rimane una fondamentale identità. In quanto esistono come congiunzione di mente e corpo e sono soggetti al decadimento fisico e alla morte, capaci di dolore e di piacere, guidati dal desiderio e dalla ripugnanza, e oscillanti tra l’anelito di autoaffermazione e l’anelito alla trascendenza di sé, gli esseri umani affrontano in ogni tempo e luogo gli stessi problemi, si misurano con le stesse tentazioni, ed è nell'Ordine delle Cose che si trovino dinanzi alla stessa scelta fra la non-rigenerazione e l’illuminazione.»    
Sono numerosissime le riflessioni di tipo psicologico dell’autore  sul reale stato delle presunte indemoniate, e ciascuna di esse può essere tranquillamente estesa dal caso singolo al generale.  
È nell'Epilogo che emerge il reale sostrato teorico di quest’opera essenzialmente storica. La vera questione, il problema fondamentale è l’uscita dall'io individuale, solitario, la trascendenza di sé appunto. Se qualcuno, di fronte alla parola trascendenza, dovesse pensare ad un movimento dell’io verso l’alto, ad una dissoluzione dell’individualità nello spirituale, sarebbe, almeno in parte, sulla via sbagliata. La maggior parte delle volte, infatti, l’uomo cerca di uscire dall'isolamento dell’io con un movimento discendente e, nella migliore delle ipotesi, orizzontale.         
Dietro queste astrazioni ci sono dei fenomeni ben precisi. Se la trascendenza orizzontale, data dall'identificazione di un individuo con una qualsiasi attività umana, presenta gravi pericoli derivanti dall'adesione acritica a tale attività, ancora più dannosa può rivelarsi la trascendenza di sé orientata verso il basso, che si concretizza in tre forme: droghe, sessualità elementare ed ebbrezza di massa.        
Le prime due, probabilmente, hanno bisogno di pochi commenti visto che le droghe (di ogni tipo, alcol compreso) e la sessualità sono da sempre dei metodi usati ed abusati per annullare la distanza tra sé e il Mondo, metodi che, tuttavia, portano ad un progressivo degrado. L’ebbrezza di massa, invece, merita qualche precisazione in più, per il largo impiego da parte delle dittature del ‘900 e per il ruolo che ebbe nella storia ricostruita da Huxley.
L’uomo che si trovi in mezzo alla folla non perde semplicemente il proprio io, vive uno stato di ebbrezza che lo porta ad una vera e propria demenza, ad un’incapacità di pensare dovuta all'estrema ricettività  della massa di fronte ad un qualsiasi messaggio ripetuto sufficientemente spesso. «Essere in una folla è il migliore antidoto conosciuto contro il pensiero indipendente. Di qui la radicata avversione dei dittatori per la “mera psicologia” e per la vita privata. “Intellettuali di tutto il mondo, unitevi! Non avete niente da perdere , se non il vostro cervello”.»         
Corollario di questa estrema ricettività è la facile infiammabilità e la tendenza ad abbandonarsi ad una violenza inaudita. La massa non è un insieme di individui, è un unico essere esteso e pericoloso; come ebbe a dire Manzoni è un mostro senza testa capace di distruggere tutto ciò che trova sul suo cammino.
Avete presente le adunate del Fascismo e del Nazismo? È proprio di questo che stiamo parlando. Tornata a casa propria, ciascuna delle parti urlanti di quella massa sente la propria coscienza leggera come quella di un bambino, perché la folla ha persino la capacità di diluire il senso di colpa, fino a sublimarlo in una ben strana sensazione, quella di aver fatto il proprio dovere.              
Sentivano di aver fatto il proprio dovere anche gli uomini di Chiesa che mandarono a morte quel loro collega, Urbain Grandier, accusato di aver stregato l’intero convento delle Orsoline di Loudun; in tutto ciò l’occhio del moderno può vedere un clamoroso caso di isteria contagiosa, ben combinata con gli intrighi politico-religiosi dell’epoca, quell'unico corpo che era la folla del ‘600, al contrario, non poteva che vedere stregoni, esorcismi, demoni e miracoli.