venerdì 22 novembre 2019

Cerco di separare il giorno dalla notte


Le guarigioni sono troppo lunghe… Individuato il problema, rimosso il problema, immagini che di lì a poco potrai riprendere a pieno ritmo la vita di prima, e invece ti ritrovi ad affrontare un corpo che non ne vuol sapere di rimettersi in moto alla velocità precedente. Ti guardi allo specchio e ti dici che in fondo sembra non sia successo niente, che non c’è motivo di star lì a rimuginare…e ti dimentichi, nel frattempo, che sei una che ci ha messo trent'anni per fare il primo vero respiro… Anzi, forse ancora lo deve fare davvero! E, nonostante spray e creme varie, provi ad annusare qua e là, sentendoti molto animale… le lenzuola e i vestiti lavati, lo shampoo, le care vecchie candele alla vaniglia, il caffè... Cavolo se è forte l’odore del caffè, vince il vago sentore di mandorle della pomata che devi aspirare neanche fossi una cocainomane! Ti chiedi di cosa profumino davvero le persone che hai amato, che ami…
È tutto così lento… Ritornare piano piano a fare le cose di prima, sebbene la tua assenza sia stata di pochi giorni. Ma ormai lo sai bene che il tempo si contrae e decontrae a seconda del modo in cui lo percepisci, delle cose che fai o non fai: puoi arrivare a fine giornata con la sensazione di esserti svegliata il mese scorso. Poi ci sono eventi che ti scagliano fuori dal tempo, e lì non ci capisci più nulla quando ti risvegli. Mi chiedo, ad esempio, dove sono stata dalle 9:00 alle 12:00 del 6 novembre scorso… Credo nello stesso luogo in cui vado mentre dormo, ma non se sono certa. Lì di sicuro non c’era tempo e ha continuato a non esserci per i giorni successivi… Notte e giorno si sono capovolti, mescolati, fusi e scinderli di nuovo non è stato facile. Cerco ancora adesso di separare il giorno dalla notte, ma la diga che ho costruito è piena di buchi. Bisogna ripararla, perché questi frammenti di notte che mi assalgono in pieno giorno sono pericolosi. L’assenza di tempo, sperimentata per pochissimo, sembra aver aperto un varco e devo stare attenta a cosa lascio passare…

sabato 9 novembre 2019

Nasci ogni volta che torni dal dolore


L’esperienza del dolore fisico è quanto di più autentico si possa vivere, ti incolla al qui e ora senza che tu abbia la possibilità di fuggire. Non puoi pensare a nient’altro. Diventi il tuo dolore, ti identifichi completamente con esso, tirando calci e pugni contro tutto quello che viene dall'esterno e cerca di tenderti la mano. Niente come il dolore ti dice con chiarezza che non abiti un corpo, sei proprio quel corpo. Niente ti scolpisce così come fa una ferita. Niente ti restituisce meglio a una dimensione animale e istintiva. Se il piacere ti espande, facendoti perdere i confini, il dolore ti “concentra”: sei un punto di materia in agonia. “Non puoi ignorarmi” ti dice il dolore. Quando torni da lì è come se dovessi reintegrare tutta la realtà in te, poco alla volta, riassorbirla un pezzetto al giorno. Ed è lì che ti rendi conto che non è proprio più come prima. Ti sei vista punto, riscoprirti retta, piano, poi spazio ha la forza di una nuova nascita. Nasci ogni volta che torni dal dolore; apri gli occhi e vedi, ascolti le voci intorno, ti muovi e tocchi ciò che ti circonda, senti i sapori e gli odori. Ecco, per ora mi manca quest’ultimo passo…

lunedì 4 novembre 2019

Oggi è una giornata di vento: raccolgo le forze per non infrangermi

Oggi è una giornata di vento, una di quelle in cui la natura sembra urlare, sembra voler dare una scossa al mondo intero. Oggi sento tutto di più, quasi colta da una forma di ipersensibilità, che mi porta a essere lenta, a soffermarmi.
È incredibile come un distacco momentaneo e forzato dall'abitudine possa incidere sul modo di sentire e di pensare. Non credo capiti solo a me, anche se mi rendo conto che una certa impostazione caratteriale mi porti ad amplificare ogni stimolo.
Domani mi ricovero in ospedale; niente di tragico, ma la cosa mi ha dato uno stop abbastanza perentorio. E io sono abituata a correre, sono drogata di “fare”. 
Sono anni che mi dico: “Devo prendermi una pausa, devo fare una vacanza”. Ho rimandato di mese in mese, di anno in anno… Sapevo, in fondo, che mi sarei fermata solo per dovere.
E adesso sto qui a pensare, a rimuginare sui giorni che mi aspettano, sulle sensazioni non troppo piacevoli che sono dietro l’angolo, visto che non mi illudo che un’operazione, anche se di routine, mi faccia fare i salti di gioia il giorno successivo. Banalmente mi guardo anche la faccia e mi chiedo se dopo vedrò qualcosa di diverso, anche se impercettibilmente diverso. Mi sento Gengè Moscarda, c’è da ammetterlo.
Sento anche l’irrazionale impulso di dire parole mai dette… La mia mente si incaglia in quelle cose che avverte come sospese. E ce ne sono più di quante immaginassi fino a qualche ora fa, perché in questo momento ho come acceso i riflettori su zone in ombra più o meno estese: potere dei piccoli eventi che infrangono il magico ripetersi del tempo!
Oggi sono fragile, diciamolo pure; nei prossimi giorni lo sarò anche di più.
Raccolgo le forze per non infrangermi