venerdì 27 luglio 2012

Fotografando il mio gatto

Tra i soggetti che più mi piace fotografare (non che io mi atteggi a fotografa, non so neppure usarla una macchina fotografica di quelle vere!) ci sono i gatti... Non ricordo più dove lessi che sono tra gli animali che è più difficile fotografare e, in effetti, penso che sia la verità; si muovono di continuo e neppure quando dormono la posa è assicurata! Le foto che faccio ai miei gatti col cellulare sono per lo più il frutto di casi fortuiti...
Inutile dire che la mia modella preferita è la mia gatta, che in quanto a fedeltà ai cani gli fa un baffo... E agli esseri umani anche! 
Mia madre dice che assomiglia ad una sfinge; credo che voglia dire che sembri uno di quei gatti egiziani che compaiono nei cartoni animati... 
Ci sono belle donne che assomigliano alla mia gatta...


mercoledì 25 luglio 2012

Attività notturne

Continua la saga della studentessa insonne... 
Sarà colpa delle vacanze probabilmente, che non mi fanno stancare abbastanza, sarà il caldo che non mi dà pace ma, arrivata all'una, ancora non ho sonno e, se provo a mettermi a letto, succede che ci metto il triplo del tempo per addormentarmi. Ieri notte proprio non c'era verso... 
Mi sono fatta una camomilla a mezzanotte, all'una e un quarto un panino e, nel frattempo, ho finito di leggere un libro.
Così facendo almeno la mattina alle 8:30 sono in piedi e incredibilmente ben riposata...

sabato 21 luglio 2012

La sacra mania dell'ordine

Oggi è una di quelle giornate in cui sono stata posseduta dalla sacra mania dell'ordine! 
Capita, di tanto in tanto, che mi ritrovi a scorgere un disordine intorno a me che non riesco a sopportare... Così mi rimbocco le maniche e comincio a combattere contro l'entropia che avanza! Ci sono luoghi in una casa dove il disordine si concentra in maniera acuta; in casa mia sono i posti dove mette più spesso le mani mia sorella... e mia sorella le mani le mette un po' dappertutto. Non so quanta roba ho buttato via, non so quanta roba, che cercavo da tempo, ho ritrovato... Si trovano persino soldi tra la roba vecchia di mia sorella!

venerdì 20 luglio 2012

Sedurre all'amore

Sedurre all'amore. - Chi odia se stesso, dobbiamo temerlo, perché saremo le vittime del suo astio e della sua vendetta. Guardiamo dunque di sedurlo all'amore di se stesso [F. Nietzsche - Aurora - 517 ].
Uno dei tanti aforismi di una delle tante opere di Nietzsche, uno dei più brevi anche, tuttavia non per questo uno di quelli che fanno meno riflettere.
Si potrebbe pensare che coloro che possiedano una scarsa fiducia in se stessi, che si stimano poco e, alle volte, arrivano addirittura ad odiarsi, siano da considerarsi, per queste ragioni, totalmente inoffensivi; il senso comune vorrebbe, anzi, che siano queste le persone che hanno più bisogno di comprensione. Probabilemente non ci si rende conto che il primo ad aver bisogno d'aiuto è colui che si imbatte in questa categoria di uomini! 
L'assenza d'amore verso se stessi porta, in primo luogo, ad odiare qualsiasi manifestazione d'amore che gli altri riservino a sé, quasi si trattasse di un'offesa, o piuttosto una mancanza di delicatezza: un po' come mangiare di fronte ad un affamato. 
In secondo luogo si comincia ad odiare anche l'amore che, per una forma di sovrabbondanza, gli altri iniziano a disseminare in giro: questa sovrabbondanza è addirittura una doppia offesa che colpisce direttamente l'orgoglio!
Cosa può accadere se quest'amore lo si riserva proprio a colui che odia se stesso? Probabilmente cercherà in tutti i modi di depotenziarlo, umiliarlo e, alla fine, sopprimerlo, con la giustificazione di non essere un degno oggetto di amore. La vendetta consiste nel far pagare ad un altro la propria incapacità di amare.
Ho solo un dubbio riguardo all'aforisma nietzscheano: non credo sia tanto semplice da mettere in pratica la seduzione all'amore. All'amore ci si deve auto-sedurre.


giovedì 19 luglio 2012

Stare svegli la notte

L'avrò già detto mille volte, ma sostengo sempre più fermamente che la notte si dovrebbe stare svegli! O meglio, che io dovrei stare sveglia la notte! Alcuni hanno una natura "notturna", per così dire, e, per quanto si lotti con questa maledetta natura, che più che altro è una tendenza, alla fine si cede.
Puoi rigirarti nel letto finché vuoi, puoi assumere la posizione più comoda di questo mondo, il cervello non ti si spegne, produce e divora pensieri finché non fagocita anche se stesso... Si spegne per sovraccarico, non per esaurimento! 
Vorrei vivere da sola per poter trascorrere le notti a consumarmi i piedi...

lunedì 16 luglio 2012

Gocce di solitudine


L'altro ieri ho visto un film che mi ha fatto un po' riflettere sulla solitudine... 
La protagonista parlava di una solitudine che si sente goccia dopo goccia, quasi fosse una clessidra che ha la capacità di amplificare il tempo, dilatare i minuti e i secondi. Paradossalmente, una delle aspirazioni maggiori dell'umanità, rallentare il tempo, si realizza in una forma inservibile. Il tempo o la felicità: entrambi sembra impossibile!
Sul fatto che sia davvero così ho qualche dubbio; probabilmente il cortocircuito si verifica nel momento in cui si concepiscono come separati tempo e felicità, cioè nel momento in cui si proietta la felicità in un futuro che è sempre fuori dal tempo vissuto. La chiamo felicità io; il termine, però, mi risulta odioso, perché troppo carico di tradizione moraleggiante. Si sostituisca felicità con qualsiasi altro grande ideale comunemente ritenuto positivo e il senso non cambia.

Ma c'è una cosa strana nel mio discorso: ho sostituito, automaticamente e quasi senza rendermene conto, il concetto di solitudine con quello di infelicità. Non è casuale, anche qui la fa da padrone un altro pregiudizio bello grosso, quello secondo il quale l'uomo, in quanto animale politico, se è solo è, senza dubbio, un essere infelice. Affermare una cosa del genere, in certi casi, è quanto meno un azzardo
Quando la senti, quella solitudine lì, quella che sembra gocciolare lentamente come da un rubinetto chiuso male, certo non fa bene; fissare il Nulla ti brucia gli occhi dopo un po'... Ma vuoi mettere la Gioia per quello che riesci a vedere dopo!

giovedì 12 luglio 2012

Il mito di Barthes

L'ideologia borghese trasforma continuamente i prodotti della storia in tipi essenziali; come la seppia che butta fuori il suo inchiostro per proteggersi, essa non cessa di oscurare la fabbricazione perpetua del mondo, di fissarla in oggetto di possesso infinito, di inventariare il proprio avere, di imbalsamarlo, di iniettare nel reale qualcosa di purificante che arresti la sua trasformazione, la sua fuga verso altre forme di esistenza. E questo avere, così fissato e congelato, diventerà alla fine computabile: la morale borghese sarà essenzialmente un'operazione di pesatura: le essenze saranno messe su bilance di cui l'uomo borghese resterà l'asta immobile. Perché il fine vero dei miti è di immobilizzare il mondo: bisogna che i miti suggeriscano e mimino un'economia universale che ha fissato una volta per tutte la gerarchia dei suoi possedimenti. Così, ogni giorno e dappertutto, l'uomo è fermato dai miti, rimandato da essi a quel prototipo immobile che vive al suo posto, lo soffoca come un immenso parassita interno, e alla sua attività traccia stretti confini entro cui gli è concesso soffrire senza muovere il mondo: la pseudo-physis borghese è integralmente un divieto all'uomo di inventarsi. I miti non sono altro che questa sollecitazione incessante, instancabile, questa esigenza insidiosa e inflessibile secondo cui tutti gli uomini si dovrebbero riconoscere in quella immagine eterna, e tuttavia situata nel tempo, che di essi un giorno è stata costruita come se destinata a valere per sempre. Perché la Natura in cui li si richiude sotto pretesto di eternarli è solo un "uso". E proprio quest'uso, per grande che sia, essi devono prendere in mano per trasformarlo.
Questo era Roland Barthes, in una delle descrizioni del concetto di mito fornita in Miti d'oggi. Lo scritto risale agli anni Cinquanta del Novecento, ma non ci vuole molto ad applicare una descrizione del genere all'uomo di oggi. Nuovi miti, stesso meccanismo, stesso deleterio risultato: la paralisi.
Paralizzare il mondo vuol dire renderlo controllabile mediante una riduzione all'ovvio, perché ciò che è ovvio dà sicurezza e non induce a porsi domande e a pensare più del dovuto. Ciò che è naturale, anche se falsamente naturale, è accettato in maniera a-problematica; viceversa, tutto ciò che si scosta da questa pseudo-naturalità, è rifiutato, nello stesso modo a-problematico ovviamente.
Termino qui le mie brevi considerazioni che, per la chiarezza del passo di Barthes, risultano anche inutili.

mercoledì 11 luglio 2012

Il mostro dello sciopero

In quanto piccola filosofa, ho la mania di organizzare le cose al dettaglio, pertanto, quando interviene un elemento esterno che mi manda all'aria i piani, mi incazzo! E non mi incazzo poco eh!
L'emblema dell'evento incontrollato e incontrollabile, il simbolo della disgrazia in cui può cadere la volontà di potenza del singolo è lo SCIOPERO! Ditemi: esiste qualcosa di più frustrante di uno sciopero, che ti lascia a piedi senza che tu possa far nulla per recuperare, anche solo in minima parte, tutte quelle azioni perdute che avevi in programma di compiere? Ben poche cose!
Oggi ho dovuto sacrificare al mostro dello sciopero dei pullman (e, precisiamo, non ci sono mire politiche in ciò che dico) la mia mattinata universitaria!

venerdì 6 luglio 2012

E quindi fissi il buio

Certe sere il sonno proprio non vuol saperne di arrivare. 
Lo sai già prima di metterti a letto, prima che faccia buio, perché ti sembra di non aver vissuto abbastanza quel giorno.
E quindi fissi il buio quando ti spengono la luce, ricavando immagini di sogno dalla tua mente ancora sveglia, riorganizzando i ricordi per vivere un passato che non c'è mai stato e creando un futuro che probabilmente non vivrai mai. Il sole dovrebbe essere invidioso della notte per l'ispirazione che riesce a dare; sai quante immagini vengono fuori dalle tenebre! Ti danzano nella teste tutte quelle figure e, dopo un po', vorresti mandarle via perché ti lascino dormire; ma passano le ore e quelle stanno ancora là, magari hanno cambiato forma, ma stanno ancora là. Allora non puoi far altro che giocarci, combinarle, prendere un pezzo di una e montarlo su un'altra, innestare una fantasia su un ricordo o una speranza su un programma: ti colmano il cuore di gioia certi ibridi! Daresti via tutte le notti che ti restano per renderli reali!
Ed è qui, nel momento in cui massimamente desidereresti di restar sveglia, che ti coglie quel sonno che tanto ostinatamente si era rifiutato di arrivare.

giovedì 5 luglio 2012

Parlare coi morti e gli animali

Questa estate la trascorrerò in compagnia di Peter e Ghitty... Laddove il primo è un signore morto su per giù quarant'anni fa e la seconda è la gazza ladra che ormai tratto come non tratterei neanche una figlia.
Sono in continuo dialogo con un morto e con un animale. Nulla di preoccupante eh! Il Peter di cui parlo è Peter Szondi, argomento della mia prossima tesi, per cui un dialogo diretto coi suoi testi è decisamente necessario; per quanto riguarda la gazza ci parlo continuamente al fine di insegnarle qualche parolina (l'altra gazza, decisamente più grande, pronuncia solo il nome di mia madre). 
In un modo o nell'altro mi occupano le giornate: avete idea di quante volte al giorno mangi una gazza?!  


lunedì 2 luglio 2012

Il Piccolo Principe e i ricordi


Questa canzone mi ha fatto ricordare una cosa che, in realtà, non ho mai dimenticato: quanto adori la figura del Piccolo Principe...
Penso che il ricordo di un libro o di un film sia spesso strettamente connesso al ricordo della persona che per prima ce ne ha parlato o, almeno a me, capita quasi sempre di fare associazioni di questo tipo.
Dunque il Piccolo Principe per me non è solo il Piccolo Principe ma è the Little Prince della mia maestra di inglese delle elementari, una donna che già da allora non riuscivo a non ammirare.
Dopo anni il Piccolo Principe è per me ancora una parte di quella donna...