martedì 17 dicembre 2019

Luce


Avete mai fatto caso a quanto la luce che entra nelle vostre case possa condizionare l’umore? Se non c’è la luce giusta io, ad esempio, non riesco a cominciare bene la giornata. Sono opere d’arte le giornate, sapete? Lasciate stare la vita intera, quella non si sa mai se sarà un’opera riuscita così come la vorreste… Concentratevi sulla giornata, sulla singolarità irripetibile che sono quelle ventiquattro ore.
Ecco, due giri di lancette che potete decorare come meglio credete. A ogni battito di secondo potreste piantare un albero, ci pensate? Potreste anche farvi venire l’idea che vi cambierà la vita. Potreste concepire un figlio, adottare un cane, tenere in vita l’uccellino che è caduto nel vostro cortile. Potreste persino morire! Ci pensate?
Forse no…
So a cosa state pensando, invece, in questo momento. Se possiamo, perché non lo facciamo? Che cosa tiene incollati noi umani all'ipotesi e ci impedisce di far traboccare le giornate, di far saltare in aria le lancette?
Siamo senza sangue, è questa la verità. Siamo fili d’erba che alzano la testa timidamente e solo d’estate, non siamo capaci di estendere radici verso il basso e rami verso il cielo, di affrontare gli inverni a testa alta. Non più almeno…
Dovremmo smetterla di essere morti che camminano. Il nostro vivere in caverne ben arredate ci porterà all'estinzione, perché abbiamo dimenticato come si fa a digerire la luce.
Bella evoluzione: da scimmie arrampicatrici a scimmie ipogee. In fondo era meglio quando vivevamo sugli alberi, eravamo a un piano superiore. Almeno si interagiva e non si restava seppelliti da vivi in loculi dai nomi ammalianti: monolocale, bilocale, loft, attico… Manca sempre il cielo nudo sulla testa.
Manca sempre il tempo per fare tutto, concordate? Come se consumassimo chilometri di esistenza ogni giorno. Eppure a fine giornata, allo scadere di quelle ventiquattro ore, siamo al punto di partenza. Sì, è proprio un giro: quando le lancette tornano nella posizione iniziale, dopo due corse, tutto si cancella. Che miracolo! O forse dovrei definirlo maleficio, incantesimo di un dio divoratore di vita. Perché è così, ci sembra soltanto di vivere mentre corriamo a piedi o in macchina, mentre ce la prendiamo con il tizio che ha saltato la fila al supermercato facendoci perdere tempo, appunto, mentre consumiamo in una infernale ruota le nostre maledette ventiquattro ore. Neanche scimmie più, ma stupidi criceti inebetiti dalle sbarre che li circondano: ecco cosa siamo!
Eppure la volete sapere una cosa ancora più ridicola? Io ce l’avevo un criceto una volta, una femmine per la precisione. Ha girato a vuoto nella sua ruota anche lei, ma un giorno si è accorta che la gabbia aveva una porta, ben mimetizzata tra le sbarre. Dal momento in cui è stata consapevole dell’esistenza di quella porta, ha lasciato perdere la ruota e ha iniziato a dedicarsi a quella. Che ci crediate o no, nel giro di poco tempo, ha trovato il modo di sollevare quella porta a ghigliottina.
E ora ditemi: chi è il sorcio in gabbia?
Noi di porte ne vediamo ogni giorno, stanno lì, a ogni angolo di strada, ma ci passiamo sopra, facciamo finta di non vederle. Ogni cosa bella è una porta verso la vita, ma forse preferiamo la comodità delle nostre gabbie. Ne ha fatta di fatica il mio criceto per evadere! Noi umani non siamo disposti a faticare.
Prestare orecchio al fiore che morirà domani, all'ombra che sa che dovrà dileguarsi per far spazio al mezzogiorno non è facile, lo capisco… La bellezza della mortalità spaventa, ma è l’unica via che possa portare a riempire quelle ventiquattro ore. Riempirle davvero!
La routine, le giornate sempre uguali hanno un vantaggio: l’illusione dell’eternità. Ripetete, ripetete, ripetete… e alla fine una sorta di illusione ottica delle idee vi fa credere che la copia avrà sempre un’altra copia, all'infinito. Ma non funziona così. Il criceto muore nella ruota alla fine, mentre miliardi di altre ruote continuano a girare.
Attraversare la porta non vuol dire non morire, vuol dire sapere che si dovrà morire e lasciare che questa consapevolezza illumini tutto. Quando la morte illumina, quelle ventiquattro ore cambiano i colori della stanza, cambia il vostro volto nello specchio e i volti della gente che vi circonda.
È un dolore acuto, una lama sottile infilata sotto pelle, che non vi abbandonerà più. Ma il dolore vi sveglia, vi rinvigorisce i sensi e finalmente vi fa lasciare la vostra angusta tomba ben arredata, nella quale non sopporterete più di stare prima del tempo.
Diventerete avidi di sole a quel punto, accarezzerete la terra affondando le dita nell'erba umida del mattino, per farci pace prima di tornare a essere parte di essa.