venerdì 21 febbraio 2014

C'è chi pensa che siano nate col velo in testa: due parole su Persepolis

Persepolis: questo l’ultimo film che ho guardato, un cartone animato lo definirebbe qualcuno molto banalmente. In realtà dietro alle forme quasi infantili, in gran parte in bianco e nero, ho avuto modo di notare un modo interessante di raccontare una storia che è diventata ormai uno sfondo muto delle nostre giornate. Ebbene in Persepolis questa storia, anzi questa Storia, torna a mostrarsi in tutta la sua vicinanza e pericolosità: la qualità interessante di questo film è proprio l’intelligenza con la quale il tema è avvicinato allo spettatore, il quale non è più portato a sentirlo come tanto lontano da sé.          
Alzi la mano chi, di fronte al bombardamento di notizie relative alle guerre e rivolte che devastano da decenni il Medio Oriente, l’Iran nel caso del film in questione, non ha tirato un sospiro di sollievo pensando “È lontana, qui non può accadere”. Oppure quante volte la lontananza ci fa pensare ad una situazione quotidiana totalmente diversa dalla nostra, come se quelle terre fossero davvero un altro mondo e solo in virtù di questa alterità la guerra vi abbia potuto trovare spazio. Insomma, per dirla diversamente, percepiamo la nostra quotidianità come imperturbabile.     
È stato strano ieri apprendere, attraverso un film d’animazione, come la Storia possa effettuare bizzarre inversioni di marcia, come quello che chiamiamo progresso possa bloccarsi a causa di eventi che fino al giorno prima si reputavano lontani e improbabili. Lì ti rendi conto che in fondo, il motivo per cui sono rese possibili le mostruosità della Storia, è più banale di quanto si pensi (Hannah Arendt docet!): forse è la troppa sicurezza, il cullarsi sul fatto che, dopo tutto, siamo intoccabili e certe catastrofi accadano sempre lontano da noi. La catastrofe inizia quando si decide di mettere il cervello in stand-by, attivando in qualche modo un pilota automatico che guidi al posto nostro, rassicurandoci in merito all'improbabilità di ogni pericolo.            
La dice lunga l’affermazione del padre della protagonista/autrice del film (e della graphic novel da cui è tratto), Marjane Satrapi, che sottolinea che, quando lui e la madre della ragazza avevano quindici anni, potevano camminare per strada tenendosi per mano, cosa in seguito vietata, insieme a tante altre, dai fondamentalisti islamici saliti al potere in Iran. Non ho potuto fare a meno di pensare che in genere si dice il contrario, o almeno si pensa che sia logico solo dire il contrario.                
E noi pensiamo ancora che le donne iraniane (e non solo quelle) siano nate col velo in testa?

4 commenti:

  1. Gran bel film d'animazione Persepolis, altro che far pensare, fa direttamente "vivere" e quindi comprendere nell'immediato quanto siano in realtà vicine a noi queste realtà.

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  2. non l'ho visto, ma mi ispirava anche prima di aver letto la tua recensione, che non ha fatto che "rincarare" la dose di curiosità...
    ciò detto ormai i cartoni sono sempre meno, per bambini, diciamocelo!

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    1. Felice di sapere che queste brevi riflessioni siano riuscite a rafforzare la tua curiosità!
      E per quanto riguarda il giudizio sui cartoni mi trovi pienamente d'accordo...

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