martedì 10 giugno 2014

Robert Musil e quegli strani turbamenti


Ci sono libri che, quando arrivi all'ultima pagina,
ti lasciano in preda ad un turbamento non facilmente attribuibile ad una ragione precisa; trovo che appartengano a questa categoria i libri di Musil e, a un paio d’anni dalla lettura de L’uomo senza qualità, quello strano senso di turbamento mi ha assalita di nuovo di fronte a (mi si perdoni il gioco di parole)  I turbamenti del giovane Törless. 
Mentre lo leggevo ero dimidiata tra la voglia quasi ipnotica di continuare, pagina dopo pagina, per capire, per vedere, e un profondo senso di repulsione che a tratti minacciava di farmi lanciare il libro lontano.   
Non è un caso che la stessa duplice sensazione mi colga la maggior parte delle volte che leggo qualcosa di Nietzsche: bruciano e fanno male i punti “malati”, quelli in cui, dunque, c’è da scavare e qualcosa da capire.  E allora cos'è che fa male in ciò che scrive Musil? Genericamente penso sia la mancanza di appigli, il fatto che conduca il lettore di fronte alla natura ultima dell’essere umano per poi farlo precipitare dinanzi ad una terribile presa di coscienza: in realtà non c’è alcuna natura, nulla di stabile, nessun io che faccia da sostegno coerente ad un mare di slegati attributi. È l’incoerenza a diventare urticante nelle opere di Musil; il nostro occhio è ancora abituato al rassicurante personaggio tutto d’un pezzo e resta frustrato di fronte all'impossibile unitarietà di certi uomini senza qualità. Il giovane Törless, l’adulto Ulrich sono il risultato ultimo di una geniale ricerca che ha assunto come metodo la graduale distruzione di ogni certezza. La ricompensa per tutto ciò? La possibilità, nient'altro che la pura possibilità di essere chiunque. 

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