domenica 13 maggio 2012

Dal diario di una persona noiosa...

Mi sono sempre posta un problema: come comunicare i miei stati d'animo alla gente senza sembrare la solita pessimista cronica, l'odiosa vittimista che crede di aver sofferto e di soffrire come nessun altro al mondo... E' difficile esprimersi e far capire che la condizione nella quale ti trovi non pretende alcuna attenzione particolare  per il semplice fatto di essere la condizione di tutti, con picchi di limpida consapevolezza in alcuni e totale ignoranza in altri... Quel che non riesco a far passare è forse la mia convinzione di vivere uno stato di normale infelicità che si comunica per il semplice piacere di farlo e non per essere commiserato, apprezzato, disprezzato, amato, odiato etc... 
Ed ecco, tuttavia, che puntualmente vengo bollata come la persona negativa, la guastafeste, la noiosa che, non essendo in grado di divertirsi, vorrebbe che non lo facessero neppure gli altri... Sarà così? Me lo sono chiesta, perché non sono tipo da risparmiarmi certe domande; tutte le crudeltà psicologiche che la mente umana è in grado di concepire, le rivolgo abitualmente contro me stessa... Ebbene, del divertimento mi infastidisce non il fatto che sia faccenda altrui ma la sua inutilità, il suo essere uno stato che definirei inautentico... Che gli altri si divertano non è cosa che mi tocca, provo solo un vago senso di pena perché la felicità che deriva da questo divertimento, a guardarla da vicino, non regge l'analisi e si sgretola. E quindi neppure volendolo riuscirei più a considerare invidiabile quello stato di divertimento: vedo solo gente incapace di fissare lo sguardo sulla propria reale condizione (condizione che, ripeto, non è mia né loro ma di tutti in quanto esseri umani!), gente che si gira dall'altra parte appunto!
In quanto persona noiosa sono abituata a tenere lo sguardo fisso su tutto ciò che alla maggior parte delle persone non piace, su ciò che le spaventa e le fa fuggire. Non piaccio e probabilmente non piacerò mai perché sono abituata a smontare tutto quello in cui credono e, in fondo, non riesco neppure a sentirmi troppo in colpa per questo. E' forse questa la mia colpa maggiore: il non provare senso di colpa! Perché per me è normale, per me è scontato che sia così e non mi rendo conto di quanto le illusioni valgano per gli altri; sono le illusioni a mandare avanti il mondo!
Le persone continuano a fuggire intanto, e chi non fugge sta comunque a debita distanza...
Ma sono una persona noiosa, non posso pretendere nulla da nessuno e, dopo tutto, non l'ho mai fatto, neppure da piccola, quando, tra le righe che scrivevo, la parola che più spesso ricorreva era già noia...

4 commenti:

  1. io non ti ho mai visto come una persona noiosa, ma ammetto di aver rivolto gli stessi interrogativi su di me, pura curiosità e puro spirito di riflessione. Non riesco a capire la paura degli altri di vedere la realtà e il modo di divertirsi perché alla fine non è detto che e persone "noiose" non si divertano! :P

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  2. ...diciamo che certi modi di divertirsi sono alquanto inusuali...

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  3. Nel tuo post ci sono vari spunti: trattarli tutti è complicato. Estrapolerò solo un'ispirazione tra le tante.

    In merito all'inautenticità del divertimento, sinceramente e istintivamente non so essere d'accordo: l'esperienza gratuita e un po' umiliante del divertimento non può inficiare il piacere rende al singolo, motivo per il quale teoricamente non ne esisterebbe di un tipo superiore all'altro, ma solo di "più adatti". L'ineffabilità è delle dinamiche del divertimento (perché? forse perché prettamente soggettive o comunemente ancestrali? non so): non dovrebbero giudicarle i tuoi amici, né tu.
    Ma io sono macchiavellica: qualsiasi mezzo per il fine, sia questo l'ordine di un principato italiano o un attimo di svago, il quale una volta raggiunto è universalmente valido.

    ASPETTA. HO APPENA NOTATO UNA COSA.

    Ecco, forse però il problema è nella differenza di termini che abbiamo usato e di cui mi rendo conto solo ora, rileggendo il mio e il tuo pensiero:
    Tu hai parlato di felicità. Io l'ho istintivamente sostituita con il termine piacere. Eppure non sono la stessa cosa, ma io le ho sovrapposte: dirà qualcosa di tremendo di me, questo.


    Non so bene che ho scritto: volevo esprimere qualcosa, ma mi son mancate le basi nel momento in cui ho tentato di fermare quel qualcosa. Abbi pazienza.

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    1. In effetti hai colto nel segno, nel senso che il divertimento, per sua stessa natura (basti pensare all'etimologia del termine), è piacevole e questo non oso negarlo, tuttavia non so fino a che punto sia sovrapponibile al concetto di felicità; per quanto quest'ultima, rispetto al piacere, risulti estremamente più evanescente non sono sicura che si possa barattare la prima con il secondo senza perdite.
      Per quanto riguarda la "democraticità" del divertimento ti do pienamente ragione invece: ce n'è per tutti e senza gerarchie precostituite.

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