sabato 25 giugno 2011

Dies sine tempore

Quando le mie settimane non sono scandite dal rigido alternarsi delle lezioni universitarie, martedì, domenica o qualsiasi altro giorno non esistono. Uscendo per un attimo da questa dimensione sine tempore mi sono resa conto che oggi è sabato; nel corso degli anni questo giorno per me ha cambiato molto di significato, è passato dall'essere oggetto del mio amore ad oggetto del mio odio, anche se, per l'esattezza, non saprei dire quando è avvenuto il cambiamento. Per circa cinque o sei anni il sabato è stato giorno sacro, neanche fossi stata ebrea! Tornata da scuola mi vietavo di toccare libro ed uscivo: questo rito l'avrò ripetuto centinaia e centinaia di volte, senza stancarmi. Poi ho smesso e non ricordo più perché... Sono subentrati i sabati di tristezza dati dalla fusione tra il non dover studiare e il non avere un'occupazione alternativa che non fosse studiare un'altra materia: a questo punto iniziai ad odiare il vuoto di questo giorno e più lo odiavo più cercavo ragioni per odiarlo (e si sa che a cercare, qualcosa la si trova sempre!). C'è però da dire che neppure l'odio trova in me un terreno fertile che possa alimentarlo e garantirgli una lunga sopravvivenza; il suo naturale decorso l'ha trasformato in indifferenza, in non attenzione e questo è lo stato attuale. Neanche di quest'ultima transizione saprei indicare il momento, tuttavia trovo sia stata una liberazione, ho smesso di caricare di significati, negativi o positivi che siano, un giorno qualunque. Spesso ragioniamo per opposizioni, per cui, se un giorno è quello buono, ce ne dovrà essere necessariamente uno cattivo per compensare e viceversa: è una schiavitù che la mente si impone senza che ce ne accorgiamo.
L'unico giorno libero è un giorno senza significato.

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