martedì 19 luglio 2011

Male di nascere

Nelle Ricerche filosofiche Ludwig Wittgenstein sostiene l'impossibilità di un linguaggio privato, che detto in parole povere è un linguaggio che non condivido con altri. C'è un esempio che riprende più volte e che mi ha fatto sempre pensare. Ammettiamo che io provi una sensazione per la prima volta e decida di chiamare questa sensazione "S"; mi propongo di scrivere una nota da qualche parte ogni qualvolta la sensazione "S" si ripresenta. Ora il quesito è il seguente: chi mi garantisce la seconda volta, la terza, la quarta e così via che io provi la medesima sensazione? Chi mi garantisce inoltre che "S" esista davvero?
Vengo a me, ad una notte lontana trascorsa in ospedale e ad una strana sensazione che mi colse niente di meno che in sogno, un sogno nel quale ero immersa nell'acqua e nella notte... Più volte dopo quel momento mi è capitato di rivivere la stessa sensazione nella realtà, anche a distanza di mesi... Ancora oggi mi capita, quando sono sola. La prima cosa che si tenta di fare in questi casi è cercare un riscontro all'esterno, si cerca la sensazione nel mondo circostante per darle un nome. L'ho cercata, nelle persone, nei libri, nulla! Per un certo periodo l'ho chiamata angoscia ma mi sono resa conto che era ben altra cosa dall'angoscia. Ogni volta dura pochi secondi, troppo poco per poterla analizzare a fondo, anche se sono felice del fatto che non duri di più. So solo che la reazione istintiva al fatto di provarla è quella di stringermi a me stessa, rannicchiarmi, cingermi con le braccia... Di qualsiasi cosa si tratti sento che è qualcosa di  profondo e radicale, qualcosa che affonda le proprie radici nel momento della nascita.
Non me ne vogliano Wittgenstein e Montale se ho scelto il nome di "male di nascere"...

Nessun commento:

Posta un commento